Situata nel complesso delle Latomie del Paradiso, all’interno del Parco Archeologico Neapolis di fianco all’Orecchio di Dionisio, si trova un’ampia zona indicata con il nome di “Grotta dei Cordari”.
La Grotta dei Cordari, oggi inagibile, è un enorme cava con un elevato tasso di umidità, con le pareti interne ricoperte di muschio e di felce, immersa in una rigogliosa vegetazione ricca di oleandri, palme, limoni, nespoli e fichi d’India, presenta le volte sorrette da pilastri somiglianti a grandi stalattiti, tra le immense pareti strapiombanti.
Qui, per ben 300 anni fino al 1984, vi hanno lavorato artigiani che hanno prodotto corde con la ruota a mano, questi furono anche un pezzo di “folklore” della città di Siracusa, poiché questa attività suscitava curiosità e fascino per tutti i visitatori.
Chi svolgeva il lavoro di cordaio poteva ritenersi privilegiato, perché aveva la possibilità di conoscere un vastissimo pubblico di visitatori come personaggi importanti dello spettacolo, della cultura e di politici, attratti dalle bellezze di Siracusa e dei suoi monumenti classici di grande importanza.
Si diventava cordai per tradizione familiare, quella degli Ambrogio e quella degli Scrofani furono le prime famiglie ad insediarsi in questa Grotta.
Il lavoro del cordaio è sempre stato considerato semplice e allo stesso tempo molto faticoso. Si iniziava all’alba e si finiva a tramonto inoltrato: un continuo e stancante lavoro di gambe e di mani.
Per ovvie esigenze di spazio, il lavoro si svolgeva, a cielo aperto o sotto mal riparate tettoie, oppure in qualsiasi spazio sufficientemente esteso in lunghezza, da permettere di stendere i fili, d’intrecciarli e di ritorcerli.
I materiali che venivano lavorati erano la canapa, il cocco e l’agave americana; quest’ultima, veniva utilizzata esclusivamente per la seduta delle sedie.
Il cocco, della quale veniva lavorata sono la parte esterna, proveniva dall’India. Veniva utilizzato per i cavi più robusti e resistenti all’acqua.
La canapa era la fibra più pregiata e la più utilizzata.
Ma le malattie delle piante importate da altri paesi, portarono all’utilizzo della canapa proveniente dalla Campania (Sud Italia), come unico materiale per la lavorazione delle corde.
Il mestiere dei cordai era rigorosamente artigianale, ma con l’avvento delle fibre sintetiche prodotte dalla chimica industriale, era destinato a scomparire.
Il signor Vincenzo Ambrogio, (Ambrogio, la prima famiglia insediatasi nella grotta) fu l’ultimo cordaio della grotta; nel novembre del 1984 fu costretto a terminare la produzione delle corde, in quanto la grotta era stata dichiarata inagibile per pericolo di crolli.
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